venerdì 11 dicembre 2015

In Bocca al Rospo

La vita ci toglie le persone di cui abbiamo piu' bisogno a volte per aiutarci a realizzare che non e' piu' nel bisogno che dobbiamo vivere ad un certo punto bensi nel coraggio di lasciare andare.

In questi lunghi tempi di assenza scrittrice mi sono presa una pausa di azione, non ho riflettuto molto, ho piu' che altro agito e agito tanto seguendo la corrente dei cambiamenti benefici per me che mi hanno portata a completare alcune cose lasciate in sospeso.

Ho incontrato persone che mi hanno rivelato altri pezzetti di me come specchi di un caleidoscopio e mi hanno spronata ad andare nella direzione a me piu' consona.

E' in questo momento che ho deciso anche di andare di nuovo incontro alla paura del giudizio muovendo passi nel mondo della scrittura e pubblicando un manuale tragicomico di autoaiuto sulle relazioni e l'amore in generale tra uomo e donna, basato sulle mie esperienze personali di vita quotidiana.

Perche' ho usato la parola tragicomico?
Perche' innamorarsi puo' essere una tragedia a volte ma lo e' ancora di piu' non riuscire a riderne e a saper uscire di scena al momento giusto per ricevere l'applauso. In fondo non e' questa la fine piu' bella ? Trovarsi magari soli...ma con il nostro pubblico che applaude perche' siamo stati proprio bravi.

Quel pubblico e' un'altra parte di noi, quella che ci vuole di successo anche nella fine di una storia, non solo nell'inizio.

Molte donne si dimenticano del loro potere, ne fanno una merce da vendere a pochi spiccioli quando invece dovrebbero ricordarselo sempre che e' la cosa piu' preziosa a cui possono attingere per uscire fuori dai guai.

La violenza sulle donne sembra diventata piu' che mai pubblicizzata e cosi io me ne sono venuta fuori con un'idea, qualcosa che faccia ridere ma anche pensare e agire...
Agire partendo dalla consapevolezza che rispettarsi porta ad attirare un clima di rispetto intorno a noi, che dove tutti maledicono gli uomini che maltrattano le donne io benedico le donne che si amano e fanno scelte diverse.

Ci siamo passate tutte, nessuno ci salvera' a me no che non sia un paramendico, ma voi davvero volete essere quelle raccolte da terra?

Con amore

P.

Potete trovare il mio testo qui



mercoledì 24 giugno 2015

Ridammi la strega!

Ascoltavo senza replicare, sapevo che tutto quel dolore mi stava conducendo verso una porta segreta, che se lo avessi permesso quel fuoco mi avrebbe avvicinata a Dio.
Eppure non riuscivo a togliermi dalla testa le parole dello psicologo: "se ci si avvicina agli Dei ci si brucia. Vanno lasciati dove sono. E noi occuparci piu' che di spiritualita' di faccende terrene"

Il sole era ormai tramontato e io avevo perso l'attenzione, un'altra volta sfumato il risveglio.

Era passato del tempo eppure quel dolore ancora mi ricordava come avessi permesso a qualcuno di rubarmi il potere.
Avevo passato mesi a colpevolizzare un ladro ma in verita' ero stata io a privarmi di quel luccichio in fondo al buio.
Avevo barattato inconsapevolmente la mia forza per un bisogno che  non sarebbe stato soddisfatto da una mummia.
Non sapevo quello che stavo facendo.

  "Dio perdona coloro che non sanno quello che fanno"

  Dio mi perdoni per non aver avuto consapevolezza del mio stato, delle mie memorie.



Nei giorni a venire Dio non sembrava avere pieta' di me quando mi si dilaniava il cuore dal dolore.
Ma un uomo un giorno mi disse: "sei alla soglia del Regno dei Cieli"

Eppure a me sembrava essere all'inferno.

Mi ingannarono tutti e io li maledii tutti dal primo all'ultimo.
Ero meta', non c'ero piu' io.
 Ero meta' di me.
Piansi tutte le lacrime di una bambina capricciosa poi una mattina mi chiesi perche' avevo lasciato che mi ingannassero, perche' ero entrata dritta dritta nella tana del lupo indossando una pelle di pecora, perche' avevo permesso che qualcun altro sapesse meglio di me cosa fare.

E allora compresi che io meritavo quelle menzogne, io le avevo attirate a me per rendermi conto di quanto stavo delegando ad altri un compito che era soltanto mio.
Dio mi mando' una ciarlatana a parlarmi di un sogno ammuffito che mi permise di dormire un altro po' fintanto che il fuoco bruciando mi desto'.
Andai nella direzione che non era scritta, contro ogni pronostico andai dall'altra parte e scoprii che avevo ceduto quello che di piu' caro avevo al mondo: la possibilita' di prendere una decisione attraverso la volonta'.

 In sogno, una notte  incontrai i protagonisti di quella buffonata, si nascosero e io andai a cercarli, uno a uno, come un cacciatore fa con le sue prede. Aspettai il momento giusto per poter attaccare e riprendermi quella mia scintilla d'ombra che avevo buttato via.
Quella parte viva, creativa. che dentro me generava fuoco, la sentivo chiamarmi da tutti quei corpi che ne avevano preso un pezzo e mangiato.

Si mostrarono a me uno ad uno con un'aria di superiorita' per spaventarmi mi dissero che avevano l'autorita', si presentarono come magiche entita' capaci di poter disturbare le mie notti, la mia vita.
Capii perche' prima mi facevano paura: credevo davvero potessero fare tutto questo.

Ma stavolta fu diverso, andai loro incontro fissandoli negli occhi, non distolsi lo sguardo nemmeno per battere ciglio, respirai piano e profondamente incanalai e scaricai a terra il veleno che volevano iniettarmi.
L' ombra che avevo rinnegato in me la proponevano come un demone che mi avrebbe rovinato la vita. 
Continuai a guardarli mentre dentro me sentivo crescere il mio potere di nuovo, e loro farsi sempre piu' piccoli.
Ad un certo punto i miei occhi sprigionarono luce e la mia bocca spalancata sputo' fuoco.

"Ridammi la Strega!" Gridai.

"Non ho paura di te, perche' quello che fai finta di avere e' mio."

"Ridammi la Strega adesso!"


Mi svegliai nel mio letto la mattina seguente e nello specchio dopo tanto mi vidi di nuovo tutta intera.

P.





venerdì 10 aprile 2015

Possesso vs senso di appartenenza

Ci vuole tutta una vita per conquistare il sole, ci vuole tutta una vita per meritarselo il sole.
Dalla luna al sole, un viaggio verso l'indipendenza, questa la mia vita: dal brillare di luce riflessa al brillare di luce propria, c'e' differenza tra l'amore e la dipendenza, c'e' differenza tra il possesso e il senso di apppartenenza.
Non ho pianificato di pentirmi di scelte fatte sulla base dell' orgoglio.
Non ho pianificato neanche di punirmi, ritrovandomi ferite che potevano essere evitate volendosi un po' piu' bene.


So cosa significa sentirsi piccola, inutile, sola, persa, perdente.


Sviluppai il senso del possesso non essendo ancora un individuo, scoprii in seguito che cresceva la solitudine e diminuiva la fiducia.
Scelsi di staccarmi.
Iniziai a perdermi, a camminare senza meta, a lasciarmi guidare da cio' che sentivo vicino, che in qualche modo mi attraeva...

Tra strade straniere ho trovato la mia via e quello che cercavo invano nella comodita' di un sentiero conosciuto.
Appartenevo ad un luogo che non era mio,eppure era me.


A volte di notte sento ancora l'eco del rancore, mi sussurra di tenerlo stretto, e' sempre piu' debole ma ancora presente.
A volte sento ancora la morsa delle bugie prese per vere, a volte un morto torna a farmi visita, io lo guardo e so che nonostante sembri cosi reale e' un morto che cammina tra le mie paure di non essere all'altezza.
E devo ricordarmi che non contano le altezze per una sirena.
Porto il dolore in fondo all'oscurita' lo lascio lì e dico una preghiera.
Non possiedo piu' nulla da quando appartengo al tutto.

P.



mercoledì 4 febbraio 2015

L' Eco del mare


Ogni sera prima di andare a dormire, restavo a guardare il mare.
Incantata aspettavo di ascoltarne la voce, i suoi consigli, proprio come una figlia aspetta quelli di un padre nonostante li rifiuterà per sfidare l’autorità e nascondere il disagio nei confronti della direzione che viene data da chi, prima di noi, ha sbagliato tutto forse, ma non lo ammetterà mai.
Quella strada che mio padre voleva impormi di seguire, propria delle mie radici, era al tempo stesso estranea al mio cuore.
Quanti sentieri avevo imboccato prima di dar retta ai miei desideri? Quelli della mia anima che stanca voleva solo tornare a casa. Quante volte avevo nutrito il timore piuttosto che la fiducia nel vivere la mia quotidianità, permettendo al conflitto di avere la meglio sulla pace?
Ora che avevo fede nei sentieri tracciati dalla mia volontà, seguivo paziente passo dopo passo lo svelarsi della mia realtà.
Quello che mi faceva sentire viva era avvicinarmi al sogno che avevo di me stessa e della mia vita, rendendo reale attraverso l’attesa e la paziente fiducia nel desiderio, quello che per altri era solo un vaneggiamento.

“Per quanto tempo dovrò aspettare?” Chiesi sotto il castagno a Vera, una sciamana di sessantacinque anni.
“Il tempo non esiste bambina, è un’illusione, punta a quello che percepisci come uno spazio di separazione tra te e lui e osserva” rispose.
“Non capisco. Cosa intendi?”
“Che quando sarai pronta, tutto si manifesterà secondo i tuoi desideri. Ma tu non sei pronta. Non riesci a vedere. Sei nella dualità. Stai imparando grazie a tutto questo ad amare, la vita ti sta insegnando ad aspettare senza ansia, a viverti l’amore senza paura. Tu hai ancora paura non è vero?” Sembrava leggermi dentro. “Paura di perdere. Sappi che non possiamo perdere niente di nostro. Tu vuoi crederci ma il crederlo non serve, devi sentire che è così. Saperlo. Quando lo saprai, non avrai più bisogno di spiegare niente e tutto ti verrà dato.”
Era vero. Avevo paura e quelle parole non calmavano la mia ansia.
“Finché ti percepirai separata da Lui, seguirai la via della separazione, siete Uno, quello che ricevi, è ciò che stai dando.” Bevve un sorso di Tè e si ritirò nella sua stanza.
Avevo incontrato Vera nel bosco vicino alla cala dove abitavo da più di un anno ormai. Nessuno sapeva niente di lei eppure tutti la consultavano per i loro piccoli e grandi problemi.
Le persone del luogo la chiamavano “la strega”, era una di quelle donne che hanno una luce particolare negli occhi, quella luce che non puoi evitare perché arriva dritta al cuore e fa saltare tutte le tue bugie.
A chi riesce a vedere non si può dire niente di meno della verità, i suoi occhi erano come uno specchio davanti ai quali si era nudi.
Stanca di prendermi in giro avevo deciso anche io di affrontarmi specchiandomi nella sua limpidezza.
Volevo placare le mie pene d’amore, ma quello che Vera dava non era un sedativo, era la cura.
“La cura viene da Dio soltanto, il resto è un’illusione” iniziò mettendomi una mano sul cuore.
“Dove sei?” mi domandò
“Sono qui” dissi
“Adesso si” rispose sorridendo
“Dio è solo nel presente, qui e ora, non esiste nient’altro che questo istante, sentilo. Affidati.”


Parlava affascinando i miei sensi, la sua voce era ipnotica, calda mi guidava in un viaggio alla scoperta delle ferite rimaste scoperte che chiedevano attenzione.
“Il tuo cuore soffre, non lo ascolti mai vero? Perché non ti fidi? Forse perché ti hanno detto che ti ingannerà? Il cuore non mente mai. Tienilo presente sempre. Ogni volta che devi fare una scelta, chiedi al cuore, lui saprà cosa fare. Sa sempre dove andare anche se tu non ne hai la più pallida idea. Lascia che ti conduca attraverso la bellezza. Devi imparare a fidarti. Questo è il tuo compito.”
Ascoltavo e sentivo girare la testa, il cuore sembrava commosso di essere finalmente preso in considerazione. Le lacrime mi rigarono il viso e iniziai a singhiozzare.
“Il singhiozzo rivela una sofferenza antica lascia che affiori, ha bisogno di tornarsene a casa”
Ora potevo udire la sua voce, il mio cuore anelava a un’intimità profonda, a riti perduti che contribuivano al mantenimento della mia sacralità come essere vivente e come donna.
Persi nei secoli, i richiami di un passato in cui la venerazione della mia femminilità era tramandata mi circondava di un calore sublime. Vedevo altre anime come me danzare intorno ad un fuoco, estasiate di gioia, nutrite dal rispetto per la loro condizione di portatrici di vita.
Tutto ciò era andato perduto nella paura, lasciandoci nella desolazione della debolezza piuttosto che forti di una protezione per i doni che dispensiamo come la primavera.
Era questo ricordo che mi faceva male far affiorare, un ricordo di autentica dolcezza e rispetto per la donna, una leggerezza trasformata in banale superficialità dal timore di perdere il potere, barattando la cooperazione con lo sforzo di manifestare un’arroganza debole che si fa scudo di un corpo.
Dall’ammirazione per la delicatezza e le differenze alla paura della nostra forza sottile: quella della dedizione, del coraggio di abbandonarci completamente a Dio, di non aver paura di morire e rinascere nel ciclo della vita, come la luna, come le stagioni, certe che la terra accoglie e il cielo restituisce.
Ecco le vere custodi della saggezza, ora cieche, ora impaurite relegate a ruoli da una storia che condanna e giudica piuttosto che aprire varchi.
 Una storia che ha diviso per non far crescere i fiori, perché troppa bellezza a chi baratta l’amore con la paura da fastidio.
Nelle mie visioni un’anziana donna venne avanti, aveva i capelli lunghi e le mani giovani.
Teneramente iniziò a parlarmi: “ Tu hai tradito la tua verità perché pensavi che qualcos’altro potesse renderti felice. Hai scambiato ciò che di più caro avevi con delle biglie di vetro, credendo fossero oro hai provato a rivenderle e ti hanno dato 4 soldi. Delusa non hai capito perché. Ora lo sai. Il bene più prezioso ha valore solo se lo si dona. Quello che fai non ha importanza se non come. Le tue mani hanno il potere di guarire, la tua voce di sussurrare al cielo i desideri del cuore e i tuoi occhi di vedere cosa si cela dietro le illusioni”
Sentivo le mani di Vera spingere sul petto, non riuscivo a muovermi, volevo svegliarmi ma qualcosa mi teneva lì come se ancora dovessi sapere.
La donna della visione continuò: “Aspetti colui che viene dal passato, ebbene sappi che non tornerà, perché egli non esiste più, ti stai concentrando sulla mancanza più che sul desiderio e così allontani. Non puoi avere chi non è più per te, ma puoi far giungere chi stava aspettando il tuo permesso ad entrare nella tua vita.”
 Piangevo e non comprendevo le sue parole ma qualcosa mi diceva che dovevo restare a sentire, quella donna aveva un messaggio importante per me.
“Tu l’hai dimenticato, ti hanno detto, non è così. Tu non hai dimenticato lui. Hai dimenticato te stessa e così lui adesso ti ricorda questo con la sua assenza, ti ricorda che ti sei messa da parte e ti sei dimenticata di te.
Non sei mai stata qui. Non hai fatto altro che ricordarti di lui, scordandoti di te. E ora ti chiedi perché lui non c’è. Non può esserci se non ci sei tu. Tu devi prima ricordarti di te. Del tuo valore. Non ti svaluta perché non vali, ma perché credi di non valere. Le credenze hanno fatto di te qualcosa che non sei. Tu non sei questa. Tu sei quello che non credi di poter essere. Tu sei di una bellezza indicibile, il tuo valore cresce con l’acquisizione di potere da parte tua e il potere viene da dentro, dalla tua fiducia nelle tue capacità divine.”
Mi sembrava di danzare in un vortice, qualcosa mi stava sollevando, vedevo i tetti delle case diventare sempre più piccoli, mi abbandonai.
 La visione, da nitida si fece nebulosa, una miriade di goccioline mi avvolse in un fresco abbraccio, scivolai nel buio e mi sentii pesante. Mi risvegliai sul tappeto vicino al camino. Vera fumava.
Nessuna delle due parlò per circa un’ora. Il silenzio sottolineava il cambiamento di percezione avvenuto.
Dopo un pò mi alzai dolorante forte di una nuova consapevolezza, quella che avevo messo da parte per accontentare chi non vedeva altro che la proiezione della sua precarietà in me.
 Avevo assecondato l’insufficienza per non tradire le aspettative di mediocrità di chi  non avrebbe sopportato una crescita né un miglioramento.
Ero un’infedele: mi facevo scudo della fedeltà che riservavo agli altri solo per non vedere le volte che avevo tradito me stessa.
E ora nella semioscurità di una candela Vera mi guardava negli occhi teneramente.
“Dobbiamo passare per il sentiero buio per riuscire ad abituarci alla luce, altrimenti ci accecherebbe.
Abbiamo dimenticato che la luce è la nostra natura e questa dimenticanza è la nostra ombra, non puoi ricordare se non sai di aver dimenticato. La discesa ti mostrerà la risalita per giungere a ciò che realmente sei”
Iniziai ad avere freddo, mi strinsi nel mio cappotto, ringraziai e tornai a casa zoppicando, come qualcuno che cammina tra due mondi.
Non avevo idea di come tutto sarebbe cambiato. Ma sapevo di avere un’opportunità per vivere autenticamente la mia vita adesso. Sapevo che potevo affidarmi al cuore, che niente mi avrebbe negato se lo avessi seguito perché il suo scopo non era di togliere bensì di aggiungere.
Nelle giornate che giudicavo noiose mi sarei ricordata di un tempo altro in cui danzavo sotto le stelle e in quelle fredde, avrei rammentato il calore di un falò e delle mani amiche.
Se avessi sentito parlare di sopruso mi sarei ricordata dell’amore che dentro me aveva il potere di slegare ogni rancore e sciogliere il ghiaccio dal cuore, mi sarei abbandonata al ricordo di un tempo passato che esigeva l’onore per il femminile, mi sarei donata a Dio non permettendo alle ferite di disperdere la luce.
Il mare quella sera era calmo, il vento accarezzava la pelle come una piuma leggera, mi avvicinai al bagnasciuga e battezzai i miei piedi nell’acqua argentea.
Chiesi di essere benedetta per i miei talenti, per il mio potere di creare attraverso il cuore e per la mia forza di  non cedere allo sconforto.
Chiesi di riuscire ad ascoltare sempre la mia vera voce e di esserle fedele sempre.
Quella sera mi sposai con me stessa, promettendomi di non tradirmi più.

Da quell’unione nacque la mia Pace.

P.

mercoledì 28 gennaio 2015

...

Perché è forse questo ciò che conta più di tutto.
Per anni addestrata a riempire un vuoto, ad avere sempre l'ultima parola, ad aggredire per non sentire la debolezza, ad armarmi delle più buone intenzioni per non ascoltare il dolore.
Ho allontanato la tristezza in un bicchiere di euforia, urlato per avere la meglio sulla vita quando la morte era lì a raccontarmi il silenzio.
Forse è questo ciò che conta più di tutto:
Questa piccola lacrima che sfiora il mio sorriso nel momento che mi salta in mente che sono dieci anni che non ti abbraccio, che non litighiamo, che non mi chiami Pamelì...
Forse è questo ciò che conta più di tutto:
Che dopo dieci anni passati senza te, io, di tutto quello che dicevo non ti avrei mai perdonato, nemmeno me ne ricordo più.
Il ricordo più bello che ho e' di quando stavo per sbattere la testa al muro perche' stavo sulle tue spalle a giocare ai cavalieri...
E se cade la neve come ora, mi ricordo di quel pupazzo fatto proprio male da noi due.
Io del resto non mi ricordo, è strano ma quello che conta davvero viene fuori alla fine.
Io dopo dieci anni senza te tocco la terra e mi chiedo se sei tornato dove dicevi che tutti tornano...
E la polvere mi sfugge dalle dita come quella voce che non dimentico.
Forse è questo ciò che conta più di tutto: Sentire nella vita tutta la tua assenza e smetterla di cercare un modo per colmarla, guardarla così com'è, farsi presenza solo alla vista dell'amore che nonostante tutto non se n' è mai andato.

Ciao Papà