Ogni sera
prima di andare a dormire, restavo a guardare il mare.
Incantata
aspettavo di ascoltarne la voce, i suoi consigli, proprio come una figlia
aspetta quelli di un padre nonostante li rifiuterà per sfidare l’autorità e
nascondere il disagio nei confronti della direzione che viene data da chi,
prima di noi, ha sbagliato tutto forse, ma non lo ammetterà mai.
Quella
strada che mio padre voleva impormi di seguire, propria delle mie radici, era
al tempo stesso estranea al mio cuore.
Quanti
sentieri avevo imboccato prima di dar retta ai miei desideri? Quelli della mia
anima che stanca voleva solo tornare a casa. Quante volte avevo nutrito il
timore piuttosto che la fiducia nel vivere la mia quotidianità, permettendo al
conflitto di avere la meglio sulla pace?
Ora che
avevo fede nei sentieri tracciati dalla mia volontà, seguivo paziente passo
dopo passo lo svelarsi della mia realtà.
Quello che
mi faceva sentire viva era avvicinarmi al sogno che avevo di me stessa e della
mia vita, rendendo reale attraverso l’attesa e la paziente fiducia nel
desiderio, quello che per altri era solo un vaneggiamento.
“Per quanto
tempo dovrò aspettare?” Chiesi sotto il castagno a Vera, una sciamana di
sessantacinque anni.
“Il tempo
non esiste bambina, è un’illusione, punta a quello che percepisci come uno
spazio di separazione tra te e lui e osserva” rispose.
“Non
capisco. Cosa intendi?”
“Che quando
sarai pronta, tutto si manifesterà secondo i tuoi desideri. Ma tu non sei
pronta. Non riesci a vedere. Sei nella dualità. Stai imparando grazie a tutto
questo ad amare, la vita ti sta insegnando ad aspettare senza ansia, a viverti
l’amore senza paura. Tu hai ancora paura non è vero?” Sembrava leggermi dentro.
“Paura di perdere. Sappi che non possiamo perdere niente di nostro. Tu vuoi
crederci ma il crederlo non serve, devi sentire che è così. Saperlo. Quando lo
saprai, non avrai più bisogno di spiegare niente e tutto ti verrà dato.”
Era vero.
Avevo paura e quelle parole non calmavano la mia ansia.
“Finché ti
percepirai separata da Lui, seguirai la via della separazione, siete Uno,
quello che ricevi, è ciò che stai dando.” Bevve un sorso di Tè e si ritirò
nella sua stanza.
Avevo
incontrato Vera nel bosco vicino alla cala dove abitavo da più di un anno
ormai. Nessuno sapeva niente di lei eppure tutti la consultavano per i loro
piccoli e grandi problemi.
Le persone
del luogo la chiamavano “la strega”, era una di quelle donne che hanno una luce
particolare negli occhi, quella luce che non puoi evitare perché arriva dritta
al cuore e fa saltare tutte le tue bugie.
A chi riesce
a vedere non si può dire niente di meno della verità, i suoi occhi erano come
uno specchio davanti ai quali si era nudi.
Stanca di
prendermi in giro avevo deciso anche io di affrontarmi specchiandomi nella sua
limpidezza.
Volevo
placare le mie pene d’amore, ma quello che Vera dava non era un sedativo, era
la cura.
“La cura
viene da Dio soltanto, il resto è un’illusione” iniziò mettendomi una mano sul
cuore.
“Dove sei?”
mi domandò
“Sono qui”
dissi
“Adesso si”
rispose sorridendo
“Dio è solo
nel presente, qui e ora, non esiste nient’altro che questo istante, sentilo.
Affidati.”
Parlava
affascinando i miei sensi, la sua voce era ipnotica, calda mi guidava in un
viaggio alla scoperta delle ferite rimaste scoperte che chiedevano attenzione.
“Il tuo
cuore soffre, non lo ascolti mai vero? Perché non ti fidi? Forse perché ti
hanno detto che ti ingannerà? Il cuore non mente mai. Tienilo presente sempre.
Ogni volta che devi fare una scelta, chiedi al cuore, lui saprà cosa fare. Sa
sempre dove andare anche se tu non ne hai la più pallida idea. Lascia che ti
conduca attraverso la bellezza. Devi imparare a fidarti. Questo è il tuo
compito.”
Ascoltavo e
sentivo girare la testa, il cuore sembrava commosso di essere finalmente preso
in considerazione. Le lacrime mi rigarono il viso e iniziai a singhiozzare.
“Il
singhiozzo rivela una sofferenza antica lascia che affiori, ha bisogno di
tornarsene a casa”
Ora potevo
udire la sua voce, il mio cuore anelava a un’intimità profonda, a riti perduti
che contribuivano al mantenimento della mia sacralità come essere vivente e
come donna.
Persi nei
secoli, i richiami di un passato in cui la venerazione della mia femminilità
era tramandata mi circondava di un calore sublime. Vedevo altre anime come me
danzare intorno ad un fuoco, estasiate di gioia, nutrite dal rispetto per la
loro condizione di portatrici di vita.
Tutto ciò
era andato perduto nella paura, lasciandoci nella desolazione della debolezza
piuttosto che forti di una protezione per i doni che dispensiamo come la
primavera.
Era questo
ricordo che mi faceva male far affiorare, un ricordo di autentica dolcezza e
rispetto per la donna, una leggerezza trasformata in banale superficialità dal
timore di perdere il potere, barattando la cooperazione con lo sforzo di
manifestare un’arroganza debole che si fa scudo di un corpo.
Dall’ammirazione
per la delicatezza e le differenze alla paura della nostra forza sottile:
quella della dedizione, del coraggio di abbandonarci completamente a Dio, di
non aver paura di morire e rinascere nel ciclo della vita, come la luna, come
le stagioni, certe che la terra accoglie e il cielo restituisce.
Ecco le vere
custodi della saggezza, ora cieche, ora impaurite relegate a ruoli da una
storia che condanna e giudica piuttosto che aprire varchi.
Una storia che ha diviso per non far crescere
i fiori, perché troppa bellezza a chi baratta l’amore con la paura da fastidio.
Nelle mie
visioni un’anziana donna venne avanti, aveva i capelli lunghi e le mani
giovani.
Teneramente
iniziò a parlarmi: “ Tu hai tradito la tua verità perché pensavi che
qualcos’altro potesse renderti felice. Hai scambiato ciò che di più caro avevi
con delle biglie di vetro, credendo fossero oro hai provato a rivenderle e ti
hanno dato 4 soldi. Delusa non hai capito perché. Ora lo sai. Il bene più
prezioso ha valore solo se lo si dona. Quello che fai non ha importanza se non
come. Le tue mani hanno il potere di guarire, la tua voce di sussurrare al
cielo i desideri del cuore e i tuoi occhi di vedere cosa si cela dietro le
illusioni”
Sentivo le
mani di Vera spingere sul petto, non riuscivo a muovermi, volevo svegliarmi ma
qualcosa mi teneva lì come se ancora dovessi sapere.
La donna della
visione continuò: “Aspetti colui che viene dal passato, ebbene sappi che non
tornerà, perché egli non esiste più, ti stai concentrando sulla mancanza più
che sul desiderio e così allontani. Non puoi avere chi non è più per te, ma
puoi far giungere chi stava aspettando il tuo permesso ad entrare nella tua
vita.”
Piangevo e non comprendevo le sue parole ma
qualcosa mi diceva che dovevo restare a sentire, quella donna aveva un
messaggio importante per me.
“Tu l’hai
dimenticato, ti hanno detto, non è così. Tu non hai dimenticato lui. Hai dimenticato
te stessa e così lui adesso ti ricorda questo con la sua assenza, ti ricorda
che ti sei messa da parte e ti sei dimenticata di te.
Non sei mai
stata qui. Non hai fatto altro che ricordarti di lui, scordandoti di te. E ora
ti chiedi perché lui non c’è. Non può esserci se non ci sei tu. Tu devi prima
ricordarti di te. Del tuo valore. Non ti svaluta perché non vali, ma perché
credi di non valere. Le credenze hanno fatto di te qualcosa che non sei. Tu non
sei questa. Tu sei quello che non credi di poter essere. Tu sei di una bellezza
indicibile, il tuo valore cresce con l’acquisizione di potere da parte tua e il
potere viene da dentro, dalla tua fiducia nelle tue capacità divine.”
Mi sembrava
di danzare in un vortice, qualcosa mi stava sollevando, vedevo i tetti delle
case diventare sempre più piccoli, mi abbandonai.
La visione, da nitida si fece nebulosa, una
miriade di goccioline mi avvolse in un fresco abbraccio, scivolai nel buio e mi
sentii pesante. Mi risvegliai sul tappeto vicino al camino. Vera fumava.
Nessuna
delle due parlò per circa un’ora. Il silenzio sottolineava il cambiamento di
percezione avvenuto.
Dopo un pò
mi alzai dolorante forte di una nuova consapevolezza, quella che avevo messo da
parte per accontentare chi non vedeva altro che la proiezione della sua
precarietà in me.
Avevo assecondato l’insufficienza per non
tradire le aspettative di mediocrità di chi non avrebbe sopportato una crescita né un
miglioramento.
Ero un’infedele:
mi facevo scudo della fedeltà che riservavo agli altri solo per non vedere le
volte che avevo tradito me stessa.
E ora nella
semioscurità di una candela Vera mi guardava negli occhi teneramente.
“Dobbiamo
passare per il sentiero buio per riuscire ad abituarci alla luce, altrimenti ci
accecherebbe.
Abbiamo
dimenticato che la luce è la nostra natura e questa dimenticanza è la nostra
ombra, non puoi ricordare se non sai di aver dimenticato. La discesa ti
mostrerà la risalita per giungere a ciò che realmente sei”
Iniziai ad
avere freddo, mi strinsi nel mio cappotto, ringraziai e tornai a casa
zoppicando, come qualcuno che cammina tra due mondi.
Non avevo
idea di come tutto sarebbe cambiato. Ma sapevo di avere un’opportunità per
vivere autenticamente la mia vita adesso. Sapevo che potevo affidarmi al cuore,
che niente mi avrebbe negato se lo avessi seguito perché il suo scopo non era
di togliere bensì di aggiungere.
Nelle
giornate che giudicavo noiose mi sarei ricordata di un tempo altro in cui
danzavo sotto le stelle e in quelle fredde, avrei rammentato il calore di un
falò e delle mani amiche.
Se avessi
sentito parlare di sopruso mi sarei ricordata dell’amore che dentro me aveva il
potere di slegare ogni rancore e sciogliere il ghiaccio dal cuore, mi sarei
abbandonata al ricordo di un tempo passato che esigeva l’onore per il femminile,
mi sarei donata a Dio non permettendo alle ferite di disperdere la luce.
Il mare
quella sera era calmo, il vento accarezzava la pelle come una piuma leggera, mi
avvicinai al bagnasciuga e battezzai i miei piedi nell’acqua argentea.
Chiesi di
essere benedetta per i miei talenti, per il mio potere di creare attraverso il
cuore e per la mia forza di non cedere
allo sconforto.
Chiesi di
riuscire ad ascoltare sempre la mia vera voce e di esserle fedele sempre.
Quella sera
mi sposai con me stessa, promettendomi di non tradirmi più.
Da
quell’unione nacque la mia Pace.
P.
P.
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