martedì 27 novembre 2012

Virgilio e l'arte di accompagnare attraverso.

Il tratto mai rigido, sempre morbido, danzante, come un compagno che detiene i segreti della diplomazia e ne fa un'arte nel raccontare con i colori anche una tragedia passandoci dentro come un angelo.
Virgilio ci accompagna nel mondo attraverso il vetro della sua lente artistica, indicando con il pennello la strada che conduce al centro, all'essenza. 
Un'essenza sfumata, lavorata con il cuore e curata dalla mano, una mano semplice e vuota ad accogliere un messaggio da trasmettere con linee flessibili che non tagliano mai lo spazio ma ne amplificano il tempo, non lasciando nulla di definito facendo di una  superficie la base per un sogno dipinto da un artigiano esperto.
Non c'è niente di intellettuale nell'espressione del suo sentire, è un'approccio autentico, che viene dal profondo e dal vivere il quotidiano in maniera altra.
Le sue tele sono tracce di verità che affiorano a chi sa vedere oltre,sono un sentiero che ci accompagna nel mondo attraverso l'evanescenza di un sogno.

Pamela  C. De Logu











Queste sono solo alcune delle opere della pittrice milanese Virgilio, per chiunque fosse interessato alla sua arte, ad acquistare i suoi quadri o a commissionarle lavori può contattarmi qui sul blog. 
Vi ringrazio.

Il sito ufficiale della pittrice è qui











mercoledì 21 novembre 2012

Sull'Arte di responsabilizzarsi



E’ interessante, conversando, rendersi conto di come molte persone considerino chi si dedica all’arte uno stralunato, un dolce ebete confuso, un po’ ritardato forse, senza nessuna idea precisa su ciò che accade nel suo paese e senza rendersi conto di quali siano davvero le cose che contano e di cui occuparsi.

Mi viene da sorridere con indulgenza a chi dall’alto della sua cultura non fa che ridere di chi ha scelto di non essere mutilato come lui, di non usare solo un emisfero e di comprendere piuttosto che limitarsi a giudicare.

Conprehendo dal latino vuol dire anche abbracciare e se come dice il proverbio Donna che sa il latino è rara cosa, ma guardati dal prenderla in isposa, io mi guardo bene dal farmi prendere in isposa da chi non è neanche in grado di aprirsi alla possibilità di essersi sbagliato.


“Io sarò al Senato quello che sono stato sia nella vita, sia nelle commedie. È per quello che ho scritto che mi lusingo abbiano voluto compensarmi con la nomina a senatore. Quindi lo sapevano e lo sanno che io sono per il popolo.” Così esordiva Eduardo De Filippo uno dei massimi esponenti del teatro del ‘900.

L’arte è la massima espressione dell’uomo e la politica che dovrebbe essere l’arte di governare una società è diventata una prostituta.

Di politica non si dovrebbe parlare, la politica si deve fare.

Le parole sono importanti ma non servono che a veicolare un’idea. Manca un progetto, una comunione d’intenti, una coscienza civica.

Manca la volontà di assumersi la responsabilità che non si può non comunicare, che deve essere affrontata la realtà così com’è, ritrovare degli ideali da amare, valori da trasmettere, manca il coraggio di dire: siamo stati anche noi a fare questo all’Italia!


Con le nostre bugie, le nostre paure, le nostre omissioni, le nostre barzellette.

Ci prendiamo troppo sul serio? No ci prendiamo troppo per il culo! E’ questa la verità.

Voglio riportare qui un pensiero espresso da Michele Serra nel suo editoriale poiché condivido:

"Io è da molti anni che volevo dirlo, e forse è arrivato il momento giusto: la corazzata Potemkin è un capolavoro irripetibile, Eisenstein un colosso del Novecento, e imbucarsi nelle scomode salette d’essai per vedere quel genere di cinema, quando andavo al liceo, fu una fortuna e un privilegio. Le cagate pazzesche, in pullulante schiera, sono venute dopo, così come la ripulsa facile e cinica di tutto ciò che puzza di cultura, di bellezza, di fatica intellettuale. Risi molto anche io, quando sentii quella battuta, la giudicai liberatoria. Fu invece – senza volerlo – un mattone in più sul muro che ci imprigiona." Michele Serra

E’ proprio così continuiamo a ridere, anche io lo faccio, a ridere di cose che per una volta sola dovrebbero essere affrontate e per sempre, con la pace nel cuore non con astio e nemmeno indifferenza.

Con coscienza.

Molti preferiscono attaccarsi al mito dell’artista fuori dal mondo, io no.

L’artista non è fuori dal mondo, l’artista vede nel mondo quello che davvero questo cela.

Tira via la merda per mostrare a tutti il fiore più bello.

Mostra i fantasmi che chiedono aiuto, quei fantasmi un po’ demoni, un po’ angeli che siamo noi…

Ridotti così dalla paura e da una società che ci vuole ambigui, lacerati, bugiardi come diceva De Filippo.

Io voglio degli umani, non dei fantasmi. Voglio delle persone.

Persone che sappiano tener testa alle loro paure, che seppur sbagliando continuino a provare, persone che abbiano il coraggio di chiedere perdono e l’audacia di tendere una mano.

Persone che non lascino cadere nell’indifferenza un rapporto ma che chiariscano i motivi che le hanno spinte a fare delle scelte piuttosto che altre. Per condividere, per crescere.






Pamela C. De Logu

Virgilio, Pittrice Milanese





sabato 27 ottobre 2012

Punto. A capo.

Il punto era che non sapeva ricevere. Il che presupponeva il non saper dare. Non sapeva dare né ricevere. Non sapeva ricevere né dare. Agli uomini.
Era una giovane donna sopravvissuta alla mercificazione del corpo e sulla strada del ricongiungimento con il suo spirito. Non sapeva che cosa fare quando lui la sfiorava, non sapeva cosa fare perché si era scelta l'indifferenza da sempre per non fare i conti con l'impegno.
Un impegno che la terrorizzava perché quando incapace di vedere il fondo non si affidava al suo riuscire comunque a stare a galla. Non si fidava di Dio, non si fidava di lei stessa, non si fidava e basta.
Quando camminava lungo quel viale che giungeva al parco si faceva prima mille domande.
Le mille domande erano quelle che sperava trovassero risposta tra gli alberi di quello spazio verde metropolitano.
Diceva di odiare quel posto. Non era vero. Non aveva mai trovato così familiare un sentiero come quello che la faceva irrigidire, perché era lì la sua più grande prova, quella di saltare nel buio e non pensare a come salvarsi. 
Aveva fatto una scelta? O l'aveva subita? Che cosa doveva fare? Dire la verità? O mentire ancora? La verità è quello che vuole sentire? O è l'ennesima voglia di avere sotto controllo la situazione? Potrebbe accettare di amarmi così? Solo per ciò che riesco ora a vivermi?
Una balbuzie relazionale, questo era, un sentire spastico che a tratti lasciava un vuoto di giorni riempito da innumerevoli niente. Chi era? Cos'era? Un' inevitabile ricerca di equilibrio mal gestita e un urlo soffocato dalla vanità e dalla necessità di apparire ok.
Che cosa avrebbe dovuto fare, che cosa avrebbe dovuto dire a chi la guardava cercando di capire?
 Intrecciava le mani come una bambina indifesa ma non aveva paura del giudizio, sperava in un giudizio, quantomeno avrebbe sentito qualcosa...forse...
Voleva innamorarsi, voleva così tanto innamorarsi, non riusciva mai, così vicino e poi via...non per paura per scelta, ora lo sapeva.
Non avrebbe più perso nessuno. 
Nessuno mai più se ne sarebbe andato via lasciandola sola una mattina senza nemmeno salutare. Lei si sarebbe protetta. Non avrebbe più lasciato che qualcuno potesse farle del male. E così si inventò un rapporto d'amore basato su un'ideale inesistente ma così bello da portarlo avanti come un regista impreparato sui gusti del pubblico tanto da fare un flop gigantesco alla prima uscita.
Si inventò emozioni e attenzioni, nascose a tutti la verità di un'incapacità di vivere secondo quanto era stato predisposto da quel Dio, che non voleva altro che lei riuscisse a fidarsi del fatto che ce l'avrebbe comunque fatta. E che solo una volta riuscita a non avere paura della perdita avrebbe assaporato la riconquista di un amore vero. 
Ma lei aveva fretta di vivere secondo quanto nella sua testa era giusto vivere.
Così testarda e infelice raggiunse la disperazione e perse tutto. Partì con un cuore ferito, tornò senza un cuore. Lo vendette al Diavolo in cambio di un sogno storpio e di poco valore.
 L'anima intanto urlava e lei la zittiva ogni volta lasciando che la voce si affievolisse tanto da sparire.
Poi accadde che Dio intervenne perché Dio non lascia mai che ci si allontani più di tanto dai suoi piani.
Si svegliò in preda al panico, si scoprì donna. 
Si scoprì sola e disillusa. Vide la verità e i suoi occhi si bagnarono. La nuda verità era che non voleva accettare la verità. 
La chiave era dire quello che aveva dentro. Ma era così brutto secondo lei che nessuno l'avrebbe più amata.
Quella sera fece solo un'ultima domanda alla quale non trovò risposta. Prese la valigia e se ne andò.
Viaggiò in prima classe vestita da profuga, piangendo per ciò che non aveva mai avuto.
Un estraneo ad ogni stazione, fumava con lei una sigaretta senza dire una parola, sorridendole, come se sapesse che quantomeno ora non aveva più niente da perdere.
Tutto era di nuovo reale, nulla da inventare e nemmeno più la voglia di farlo.
Ora c'era solo da vivere la difficoltà di vedere, la facilità del sognare non avrebbe portato che altre illusioni da condividere.
Chiese ad occhi chiusi la verità. Ed ebbe tutto ciò che non voleva ma di cui aveva bisogno.
Chiese a Dio: fai tu. E le mandò l'occasione di ascoltarsi attraverso un'eco, di guardarsi attraverso uno specchio. 
E cominciò a fare solo quello che era necessario fare per conoscersi. Non inventarsi.

La verità vi renderà liberi. Dice il vangelo. Forse alcuni non vi riconosceranno ma è un rischio che bisogna correre affinché quelli che vi stanno cercando possano trovarvi.
Non puoi perdere niente di ciò che è tuo. Se lo perdi vuol dire che non era tuo sin dall'inizio.


Pamela C. De Logu

domenica 29 luglio 2012

Adorabile Noir


Non avevo idea di che ora fosse. Sapevo solo che era la fine.
Quando è finita lo senti, disse mia nonna un giorno, la fine la si riconosce sempre, ha un non so che di familiare, forse perché è con noi dal momento in cui veniamo al mondo.

Soffocate nell’ovatta, voci lontane mi scuotevano, non ero affatto convinta di voler tornare ma nemmeno di andarmene, ero in quello stato semibeato dell’incoscienza dove tutto va avanti eppure tu sei tragicamente fermo.

“Chi sei?”

“Valeria! Su! Abbiamo finito” la voce del dottore grattava come Il tubo nella faringe tirato  su di colpo .
Aperti gli occhi, rassicurato lui, mi abbandonai ad un sonno senza sogni.
“Tutto si trasforma. Ci saranno altri inizi ora” disse Monica. Lei era sempre gentile con me, io ero solo perplessa e stanca, chiusa e inaridita.
Continuava a sfiorarmi quell’idea di aver sbagliato. E quella di essere io stessa sbagliata.
“Scrivi tutto, ti aiuterà” aveva detto lo psicoterapeuta.
Non è ironico come spesso le persone sappiano meglio di te cosa possa farti bene? E non è ridicolo che io non riesca più ad ascoltarmi?
Forse è solo triste. Triste come quel viso dannatamente bianco che continua a sorridere plasticamente ad uno specchio sporco.

Non ero molto lontana dalla stazione e nemmeno dalla verità.
 Come aveva potuto restare tutto quel tempo nudo nel freddo senza cambiare colore? Dove ero stata io?
Io non c’ero.
Perché sono qui?
Qualcuno mi ha presa in braccio. Si, poi non so. Che cosa dire?
Voglio solo dormire ancora.
Mi guardava, come se volesse dirmi qualcosa, ma non usciva niente da quella bocca.
Non riuscivo a fidarmi. Passavo ore a convincermi che ero solo impaziente, che non poteva essere così.
Ma non è mai diversamente.
La porta era socchiusa, la gola secca mi spaccava il fiato tenendomi stretta in una morsa.
 Ero io la  piccola mosca di cristallo, quella ragazzina viziata di cui ridevi, disprezzavi ogni cosa eppure dicevi di saper amare e io non potevo ferire l’orgoglio dando retta a Dio.
Che scelta stupida adattarsi!
Non capivano niente, dovevo ricominciare daccapo. Non sapevo cosa dire, non sapevo che altro inventare.
“ Stai mentendo Valeria?” “No dottore, se è tutto vero, che altro potrei aggiungere?”
Detesto quando ti gettano addosso quello sguardo di falsa compassione squadrandoti come se tu fossi senza gambe e loro sapessero come ci si sente.
“Voglio solo andare a casa”


Sei tu mentre farnetichi,
Mentre ti fai scudo di un sorriso beffardo,
Sei tu mentre mi mastichi
Sputando la mia parte più bella.
Sei tu mentre impoverisci gorgheggiando sentenze.
Ma non puoi essere tu ora, con gli occhi bassi, senza difese.


Quante poesie ritrovate in un cassetto, ho scritto molto per te sai?
No, non lo sai.
Non ho mai voluto cambiarti ma c’è stato un momento in cui ho desiderato cambiarmi  per potermi far amare da te. Mi sono ferita tanto da sanguinare per giorni. Tu sembravi solo finto.
Come un pupazzo eri lì, vicino tanto da essere distante.
Mi è sempre risultato piuttosto facile convertire il dolore in arte, ma la rabbia sono riuscita a convertirla solo  in sesso.  Né più né meno che carne da sfogo, io non c’ero.




“Tutto quel tempo dove sei stata Valeria?” Domanda ora una voce.
“Io per tutto il tempo non so dove sono stata ma non ero lì, non ricordo di aver mai fatto altro che resistere”
Ricordare frasi spicciole, banalità, omissioni, bugie e parole sprecate, respiri difficili e tensioni ricorrenti, notti accese e albe acide. Con la cola mio zio ci pulisce la pistola,  vedi mamma non fa poi così male.


Tu e la tua arroganza, di null’altro ti sei curato se non di mantenerla viva


Ora è tutto da sistemare, ci sono le mie cose in mezzo. Ci sono carte, vestiti, nastri, il mio ultimo pacchetto di sigarette prima di riprendere a smettere. Chi sistemerà tutto questo casino? Che mi succede? Sono in uno stato alterato? Non è come prima ma non so spiegare la differenza.
Tua madre, una firma, un sostegno emotivo, che succede? Cosa ci fanno queste macchie qui? Non sono più io. Ma ero io prima di tutto questo? Chi ero? Chi sono ora?

Non ho più desideri, voglie, sono apatica, sono sola  ma sto sempre con qualcuno.
Eppure sola mi ci sento spesso.
Sul terrazzo la pioggia sporca quel tavolo al centro, è tutto secco intorno, la terra non ne ha abbastanza di acqua. Io, in mutande sono ferma lì a sentire le gocce scendere, non so più dire una parola.
Alla prima ero stata davvero brava. Mi avevano applaudito. Tu in platea c’eri. Non sono riuscita a scorgerti ma so che c’eri,  miravi al cuore ma non potevi che colpire altrove perché avevi gli occhi dietro.
Sono arrivata, questa è la mia fermata. Scendo.
 Non ho di nuovo timbrato il biglietto, lo tengo nel caso debba per forza timbrarlo per non prendere di nuovo una multa. Questa cosa mi costringe a fare attenzione, ad essere presente.
Sto sviluppando un'altra me che non chiede, non da, è là e basta.
Hai di nuovo comprato quel pane che mi piace tanto? Hai provato a sentire se ha lo stesso sapore?
Assaggiare. Bisogna assaggiare. Non si può mai sapere. Devi sperimentare non con il corpo ma con l’anima. Il corpo è un mezzo, non è altro. L’anima dov’è? E’ sempre stata là, ma non te ne rendevi conto che in un angolo sghignazzava del tuo non scegliere  perché scelto?
Del tuo prendere ordini da un padre generato da te?
Di un padre figlio, di un inganno?
Ora rido, rido di tutto, sembro pazza, qualcuno la pensa così, è una cosa che non ha importanza, niente ha più rilevanza ora del mio proseguire rimanendo sempre qui.
Non è uno stagno, non più. E’ un oceano. Ci sono tutte quelle specie di pesci che amavi, ci sono tutti quei mostri nascosti dal buio. Ora però che mi avvicino, li vedo: sono solo brutti, non hanno più nessun potere. Non ho più paura. Non sono mostri che nel cuore chiuso. Sono quello che sono.

Il vomito è ancora lì. Quella nausea, quel disturbo c’è ancora. C’è sempre ma non è padrone. Niente è più come prima eppure tutto è uguale.
Da piccola disegnavo, cantavo, avevo la vena artistica.  In tutto quello che facevo c’era un pizzico della follia tipica degli artisti. Non è follia, in verità ti dico è una gamma espressiva più ampia.
Poi mi hanno tagliato le vene.
E da grande mi hanno detto che non avrebbero potuto farlo se io non lo avessi permesso.
Allora io l’ho permesso. Allora è giusto che io venga punita perché non ho difeso i sogni come avrei dovuto. Ma io credevo dovesse difenderli mio padre.
Ho creduto male. E poi? E poi, ho smesso di credere.
“Credi in Dio?” Domanda ricorrente nei momenti di crisi.
Sarebbe opportuno chiedere: “Senti Dio?” A volte il sabato sera intorno all’una di notte.
“Valeria! Svegliati!”
La strada è scoscesa,  arranco con fatica, sento il respiro, eccomi ci sono.
Valeria dove sei? Sono qui.
Sei qui con me, cammina. Eccoci. L’una e l’altra siamo qui. Siamo noi. Siamo Valeria.
Sono morta? Non ancora.
Che cos’è questo brusio di voci lontane. Sono ricordi. E quelle macchie? Sono i pensieri.
Dov’è la mia vita. Non c’è la tua vita. C’è la vita. Sei su questo treno da un po’ lo sai?
Quando ci sono salita? Non ricordo niente.
Hai scelto di salirci molto tempo fa. Sforzati di ricordare. Allora eri una piccola luce.
Eri alla ricerca di un tunnel per realizzare il tuo destino, quello di essere speranza per tutti coloro che erano alla fine.
Non l’ho salvato. Io non l’ho salvato. Non ho potuto. Non c’ero.
La speranza è solo una luce non è una mano. La mano è di Dio. Lascia a Lui il Suo compito.
Perché ho sofferto tanto? Perché eri cieca. In realtà niente finisce. Tutto è solo di passaggio e tutti abbiamo un compito da assolvere.
Quale? Riuscire a vedere.
“Valeria, svegliati!!!”
“Cos’è questo rumore?”
“Defibrillatore.”
“Scarica!”
“No! No! Ancora! Scarica! ”
Stanno generando resistenza, non devi lasciarti confondere, devi scegliere tu ora. Andare o restare.
Cosa ne sarà di me se  tornerò? 
Stai di nuovo dubitando. Svegliati!


La camera bianca e spartana odorava di candeggina e rose, dalla finestra sbucava il ciliegio del giardino accanto, era di nuovo primavera.
C’era lo schermo, c’ero io e c’era tutto il resto. Ora che ero di nuovo in me, mi alzai bevvi dell’acqua fresca e respirai.
 “Dove sono tutti?” Chiesi a voce alta.
Non c’è mai stato nessuno Valeria. Hai solo sognato.
“L’ho ucciso. Sono stata io non è così?”
Quando? Quando è successo?
“Non lo so.”
Valeria non c’è mai stato nessuno.
Al pianterreno un gatto  grattava alla finestra, un randagio abituato ad avere qualche scarto durante le ore dei pasti.
Scesi le scale piano, con la testa ancora fra le mani, non avevo che quei passi, quelle mani strette intorno alle tempie, non c’era davvero più nessuno. Cosa fosse successo non era più importante, io ero andata via ed ero tornata. Lui era rimasto il tempo necessario per realizzare il suo e il mio destino. Non aveva vinto nessuno, non era una partita. Ora non sapevo dov’era, non sapevo nemmeno cos’era stato quell’attimo, non mi interessava più sapere nemmeno se c’era stato un qualcosa di quello che descrivono nei romanzi come amore. Ora c’è un gatto da sfamare alla finestra, una donna da curare e una vita da vivere. C’è che non mi va più di spiegare. Quel bisogno di approvazione non c’è più. Sto bene. Sono libera.

Suona ripetutamente il campanello, suona, suona. Arrivo. La porta è già stata forzata. Ci sono di nuovo tutti.
Non era stato un sogno. Qual è la realtà? Mi portano via. Di nuovo. Ma sulle mie gambe stavolta.
L’ho ucciso. Non sono stata io ma a loro non importa.
 Mi spiegarono che se non l’avessi fatto mi avrebbe uccisa. Continuavo a ripetere: Non sono stata io.
“Perché non mi credono? Che mondo è mai questo?” chiesi disperata.
Silenzio.
“Sveglia Valeria!!!”
Un urlo. Poi nulla. Ora ero di nuovo nel mio corpo, la sensazione di sogno era svanita.
Mi avevano operata, avevo rischiato di morire. E perché? Aveva provato ad uccidermi.
"Allora non l’ho ucciso. E’ morto. Come? Nel gelo?
L’ho visto prima."
Nello specchio, ora ero chi avevo sempre desiderato essere. Quell’uomo non c’era più. Ma il ricordo sarebbe riaffiorato in un angolo che solo io conoscevo.
“Hai bisogno di riposare” disse un’ infermiera con aria severa.
“Ho bisogno di andare al mare” risposi dolcemente.
P.

venerdì 6 luglio 2012

Come quando fuori piove con il sole



Che cosa resta dietro alla perdita di ogni timore?


Che cosa resta dietro ad una via senza uscita?


Che cosa resta dietro me senza l'altra me?


Quando fuori piove eppure brilla il sole, quando fuori tira vento eppure tutto è fermo.


Cosa c'è in fondo ad un cuore che non parla? Cosa c'è dietro un silenzio rumoroso?


Un ossimoro non è forse l'antitesi di una certezza?


Queste domande hanno un senso? Ed un valore?


Dalle tu per me le risposte perché oggi io ho smesso anche di interrogarmi. Io ho smesso.


Qualunque cosa abbia inizio ha in sé la fine e se io lo so allora sono un mago e la strada è solo un trucco per confondere una sicura risposta, che tutto cambia per restare uguale, che la trasformazione non è vera se non costruisce, che la verità esiste per metà e la realtà è un pensiero.


Sono colei che da vita all'impossibile ma non all'improbabile, sono colei che sa di avere perso eppure ha guadagnato, sono colei che vive seppur morendo e che vede pur non riuscendo più a guardare.


Sono la poesia che lascia spazio alla prosa, sono un romanzo interrotto a metà, sono la via che non ha meta.


Ho niente e sono tutto, ora che la pioggia scende eppure brilla il sole, sono di nuovo qualcosa, non qualcuno e non m'importa più.


Perché ho imparato a fluire. A dire: Si. A lasciar scorrere e ad interrompere il flusso solo per arrivare dove ero prevista.


Sono colei che non si percepiva, non si amava, eppure ora che nella confusione taccio, sono più autentica di quando credevo essere vera.







P.

venerdì 25 maggio 2012

L'Oxymoron o dell'Amore legato.


Quando la tensione è tale da provocare uno slancio, non partire equivarrebbe a morire.
Le persone che mi conoscono meglio sono quelle che sanno di non conoscermi affatto eppure non smettono di amarmi.
Sono spesso arrivata sul punto di spaccare tutto o lasciar cadere l’energia nella frustrazione più totale.
La mia vita fatta di alti e bassi continui è costruita a puntino sulla base di ascese e discese rapide, cali e risalite tenendomi bloccata in stasi o tremante in fibrillazione, disegnata a regola d’arte da me e per me  da 31 anni. Solo da poco tempo me ne sto assumendo non senza fatica la totale responsabilità, smettendo di cercare un colpevole fuori.
Quando qualcuno  crede erroneamente di conoscermi si stupisce della rapidità con la quale io possa buttar giù le sue convinzioni con una scelta improvvisa ma mai non maturata.
Prima mi preoccupavo di poter deludere, ora so che non si può deludere nessuno perché  solo le aspettative possono farlo, non le persone.
Quando si sente fortemente di non voler  fare qualcosa c’è sempre da tenerne conto, molti non lo fanno e si ammalano, continuano a lamentarsi senza far nulla per tirarsi via dalle rotaie dove aspettano un treno che non passerà se non per travolgerli. Nessuno ti porta da nessuna parte se tu non lo vuoi.
Le persone si uniscono per fare un pezzo di strada, mi è stato detto. Forse sarebbe opportuno in questa nuova era  costruire insieme la strada unendo la volontà di farlo giorno per giorno non più solo per ruoli come una volta ma per piacere di condivisione e amore.
Ma se non sappiamo cos’è l’amore o se lo scambiamo per altro come si fa?
Sono dipendenze,  relazioni di mutuo aiuto e soccorso, vomitatoi in cui vengono scaricate da uno e dall’altro le difficoltà di vivere. Queste le modalità di relazione più frequenti ultimamente. Come se potesse esserci un salvatore là da qualche parte.
Ma che cos’è l’amore? Di nuovo questa domanda, così iniziavo il mio e- book/diario pochi anni fa.
Dalle parole di un santo:  L’amore non si manifesta nel sentire ma nel tendere a Dio e chi si sforza di farlo nel buio acquista maggior merito. L’amore che nasce dalla stima e dalla ricerca continua è più puro dell’amore fatto di sensazioni e trasporto.
E cosa, se non un impegno continuo e costante a riconoscere Dio in sé e nell’altro può generare una ricerca che porterà all’amore di maggior merito?  Merito per noi che abbiamo bisogno di riconoscerci la possibilità di essere quello che siamo senza la paura che perderemo tutto se non seguiremo consigli dati da  insicuri nel buio.
Solo qualcuno che si è svegliato può svegliare qualcun altro. Solo qualcuno che sogna può nel sogno convincere gli altri che si è perfettamente svegli. Solo chi sa di stare sognando è sulla buona strada per aprire gli occhi.
La crisi che investe tutto e tutti anche e sopratutto le relazioni non è che una benedizione, se le si riconosce questo, non può più far paura e si trasforma in catarsi.
L’uomo deve riuscire ad abbracciare tutto, riconoscere la perfezione negli opposti e inginocchiarsi al suo destino, non deve combatterlo, deve onorarlo.
 Il destino dell’uomo è di accettare che come tutti gli esseri viventi su questa terra ha il compito  di partecipare all’evoluzione del pianeta. Che gli piaccia o no. La scelta è solo tra voler apprendere questo contro la propria volontà o con amore verso il ricongiungimento e l’Uno.
L’amore di per sé collega, non lega, né è legato, unisce non chiude, rispetta non impone,è forte non prepotente e sa con certezza che non può esser vinto dall’orgoglio perché è dalla gentilezza della spiga che si offre al vento che può nascere l’oro più prezioso, dall’ incontro tra l’aria e la vibrazione che scaturisce la musica e dall’unione della carne e dello spirito che nasce l’Uomo Vero.
L’amore è sapere che c’è un tempo per ogni cosa e un posto per tutto ma accettare con cuore di non conoscere né quando né dove.
In fondo  l’amore è semplice, è la fede incrollabile che qualunque cosa accada, andrà tutto bene. 
Tutto è Amore

P.

domenica 15 aprile 2012

Solo l'amore fa la differenza, quando ami fai la differenza perché solo chi ama ha il potere di cambiare le cose per il meglio.

Che significa?? Quante volte abbiamo creduto che il nostro amore fosse ridicolo? Non è ridicolo l'amore ma ciò che di esso ne abbiamo fatto: un bisogno per compensare mancanze che altri ci hanno regalato nell'inconsapevolezza di parole e gesti.
Non abbiamo bisogno di essere amati. Abbiamo bisogno di amare. Questa è l'unica nostra funzione. Non dobbiamo accaparrarci attenzione, ridicolizzare altri per sembrare migliori né piacere per sentirci bene la sera.
L'unica nostra missione nel mondo è essere. Essere luce nell'oscurità di un'incertezza derivata da un'ego fragile, da un ego costruito da un corpo che vuole solo sopravvivere al tempo.
Nessun corpo sopravvive al tempo.Perché allora non occuparci di sviluppare il potenziale immortale? Che al di là di quello che teorici e spirituali dicono altro non è che l'amore che trasforma e migliora il mondo al di là della nostra vita fisica. Se io do amore a qualcuno, quel qualcuno non potrà che usare quell'amore per scopi elevati. Se una persona vuole imparare a correre non sarà dicendogli sei un incapace che correrà più veloce. Forse non lo sapete ancora ma l'amore fa miracoli. La fiducia è la chiave per vedere dei risultati costruttivi. Non è boicottando qualcuno o spendendo tempo in giochi di potere che sarete migliori.
L'amore non è un gioco, non è nemmeno un'abilità. L'amore è. E' quella dose di coraggio nel dire io ci sarò cmq per te perché ti amo e non perché mi aspetto che tu ci sia. E' quell'essere capace di non dare ascolto all'orgoglio e di abbracciare comunque perché sai che certamente non perderai nulla.
Da adolescenti si gioca al gatto e al topo perché il nostro ego ha bisogno di attenzioni. Crescendo si comprende che la vita ci pone di fronte all'inevitabile scelta di dipendere da qualcuno o di dipendere dall'amore.
L'amore non è quello che un uomo o una donna seppur attraenti possono darci bensì quello che Noi possiamo darci. Non è rincorrendo l'amore che saremo felici. E'essendo amore che lo saremo. Non si può essere davvero con qualcuno se prima non siamo noi stessi ad essere veri nel profondo. Innamorati di tutto quello che siamo.
Nient'altro conta. Che vuol dire sta roba?? Vuol dire che la cosa più importante è trovare la nostra anima gemella DENTRO DI NOI. Vuol dire dedicare la vita a scoprirci, a essere onesti, ad amarci incondizionatamente, a fare la pace con noi fino a  riuscire ad accarezzare un cane che sotto la pioggia ci viene incontro e ci fa le feste, nonostante il nostro vestito buono.
Quello che conta non è essere contenti sempre, è essere presenti sempre.

"Solo l'amore fa la differenza, quando ami fai la differenza perché solo chi ama ha il potere di cambiare le cose per il meglio. Se hai un dubbio. Qualunque dubbio ama. Sarà sempre la scelta giusta"

P.

domenica 26 febbraio 2012

La praticità non deve mai venir meno

Una spiritualità che non è pratica non ha niente di spirituale. 
Mi sono accorta che molte persone che si definiscono spirituali sono pressapochisti dal sorriso ebete stampato sulla faccia.
Una storia mi ha colpito profondamente, quella di un maestro che non ama definirsi maestro ma che maestro lo è sul serio: un uomo che ha cominciato dalla terra e che ha mosso i primi passi nella spiritualità mangiando polvere e sangue, vivendo dolori e schivando una vita di colpi. 
Non è importante chi sia, in fondo potresti essere anche tu che leggi...
Quest' uomo si apprestava a fare un lavoro che avrebbe avuto bisogno della sua testa oltre che del suo cuore naturalmente, un noto maestro lo iniziò: gli diede della droga e gli chiese di provare. 
Egli provò, davanti alla notorietà dell'altro quasi sempre ci lasciamo prendere dal dare fiducia con superficialità. Niente da giudicare.
Ma accadde che sotto effetto della droga egli riuscì a restare lucido, si distaccò dalle sue allucinazioni e disse al maestro: "Se un ladro venisse a casa mia ora, io non potrei difendermi e non potrei difendere la mia famiglia" Il maestro gli disse: "Non pensare queste cose o le tue allucinazioni si faranno angosciose". E il vero maestro disse:" Non m'importa, sono allucinazioni, constatavo che questa roba non è pratica, ti confonde se io devo fare qualcosa come difendermi da un ladro o dar da mangiare alla mia famiglia non me lo permette. Non può essere spirituale una roba così. Se io devo dar da mangiare a me e alla mia famiglia, devo lavorare a meno che non voglia fare il parassita. Allora si potrei farlo ma costringerei altri a lavorare al mio posto per mantenermi. Questa non è spiritualità."
Qui termina il racconto...le mie personali riflessioni non devono influenzarvi ma sono dell'idea che c'è più spiritualità in mani che coltivano la terra piuttosto che in mani giunte che pregano, la vita è pratica, siamo qui per evolvere attraverso la vita e non a dispetto di essa...rispettarsi e rispettare l'altro sono fondamenti essenziali del vivere quotidiano. Nessuno può fare il tuo lavoro, nessuno può fare qualcosa al posto tuo.
Puoi scegliere di essere un parassita ma allora attenzione a chi giudicherai poco spirituale solo perché è "solo un panettiere". 
Non è importante quello che fai per vivere, ma ciò che fai per sentirti vivo e se ti rialzi dopo aver preso un gran calcio in culo. L'importante è se ci sei quando c'è più bisogno di te, in qualunque modo. Adesso.








Pamela C. De Logu

mercoledì 1 febbraio 2012

Riconduci i tuoi pensieri sul sentiero...

Quante volte nel non fare niente i pensieri iniziano a preoccuparci...
Siamo lì e non prendiamo le distanze dai pensieri lasciandoci inquinare, ogni volta che accade, diventiamo quei pensieri che ci trascinano da una parte all'altra lasciandoci senza energia.
Che cosa fare in questo caso? Intanto, se nel "non fare" i pensieri vengono a trovarci spesso, "nel fare" di rado. 
Quindi per prima cosa, trovarsi un'attività fisica aiuta moltissimo a non fissarsi sui pensieri che seppur lì passano senza trovare ancore.
Quando dipingi, usi la creta, disegni, cuci, prepari una torta, fai giardinaggio sei lì in quel momento e fai quello.
Estendendo quel momento del fare nel qui e ora, il solo atto del coltivare la terra o preparare un plum cake diventa sacro.
Il segreto non è scappare ma restare, se si scappa ci si sottrae al tempo dando a questo rilevanza se si resta si diviene infiniti.
Ieri ho visto un video interessante, un noto psicologo parlava del pensiero positivo: sono sbalordita nel sentire che finalmente qualcuno sottolineava il fatto che il pensiero positivo è la più grande stronzata partorita negli ultimi tempi e crea spesso più stati d'ansia dell'esser sempre negativi...PERCHE'??? Perchè ciò che reprimi torna sempre più forte...diceva Wilde: "l'unico modo per liberarsi da una tentazione è cedervi"...l'unico modo per liberarsi dalla tristezza, dalla rabbia e da tutte quelle emozioni che non ci piacciono perché le giudichiamo, è accoglierle, guardarle, nel momento. Stare lì e osservare. Non diventerai più sereno perché ti dici che va tutto bene ma sarai autentico se ti dici che in quel momento sei incazzato e inizierai a guardare la tua rabbia senza giudizio per sentire cosa ha da dirti di importante...le emozioni sono degli indicatori, bisogna ascoltare e osservare, non reagire. La reazione deriva dalla paura, l'azione dall'ascolto e dall'osservazione. La paura che trasmuta in consapevolezza è il più bel regalo che possiamo farci. Come? Osservando senza giudizio. Assumendoci la responsabilità di essere nel momento presente come siamo. Non diversi da come siamo ora.
Michel De Montaigne scriveva: "Quando ballo, ballo. Quando dormo, dormo. Quando vado a passeggio per un bel giardino, se i miei pensieri iniziano a intrattenersi con cose estranee, li riconduco subito a passeggiare nel giardino, insieme a me e alla dolcezza di quella solitudine."
Riconduci dunque i tuoi pensieri sul sentiero ogni volta che ti vogliono portare via da dove sei in quel preciso istante. 

P.