sabato 23 marzo 2013

Le favole come processo di individuazione

“C’era una volta…”il solo sentire questo incipit mi riporta indietro nel tempo, sotto le coperte, quando mio padre mi raccontava la fiaba della buonanotte.
Nonostante molti non lo sappiano c’è differenza tra fiaba e favola entrambi generi letterari simili ma con scopi diversi: mentre la fiaba di origine popolare, intrattiene lasciando passare anche dei messaggi rilevanti e che catturano l’attenzione, la favola ha come obiettivo la morale , uno scopo sociale, attraverso un percorso fatto di personaggi più o meno inventati che ricalcano pregi e difetti dell’essere umano, la favola nasce per educare.
Le favole sono anche un mezzo di individuazione molto potente, una chiave di lettura del processo di crescita dell’essere umano attraverso prove e confronti.
Uno specchio letterario lo definirei, un valido aiuto nei percorsi di tipo umanistico/psicologico.
Ne è un esempio il testo: “Donne che corrono coi lupi” scritto dalla psicologa/psicoterapeuta Clarissa Pinkòla Estes, che attraverso le favole ripercorre le tappe del processo di individuazione femminile.
La Bibbia delle donne, un libro mai uguale, uno spunto di riflessione continua che mi ha spronato a ritrovare la strada di casa ogni volta che mi perdevo, come le briciole di Pollicino, queste storie ci chiamano, ci inducono a prestare attenzione alla nostra parte autentica di donna come essere umano che aspira alla realizzazione attraverso non solo il sentire ma anche l'azione.
Una delle storie che ha fatto parte del mio personale processo di crescita e individuazione è stata “Amore e Psiche”di Apuleio.
Ad un certo punto della mia vita, la mia anima aveva bisogno di fare un percorso per integrare degli aspetti essenziali, avevo delle prove iniziatiche da superare per crescere, smettere di temere l’abbandono, piantarla di farmi bloccare dalla paura e sviluppare capacità di discernimento.
Mi ha accompagnato in questo percorso proprio questa favola, è stata la mia guida la Psiche che supera tutte le prove messe davanti a lei dalla gelosa Venere per aver osato amare suo figlio, un Dio.
Psiche, una donna che osa non accontentarsi di un amore segreto, ma che vuole vedere, osa distruggere un’illusione per la verità e la verità le costerà l’esilio in un peregrinare attraverso dure prove da superare per poi inesorabilmente fallire all'ultimo.

Ma Psiche deve fallire, lei è umana e grazie al suo umano fallimento permette a Eros di entrare in azione, il suo femminile umano provoca la mascolinità di Eros, trasforma il fanciullo in uomo, dove fallisce in realtà vince, mostrando dignità pari agli Dei.
Per questo verrà premiata alla fine da Zeus.
Il capovolgimento della resa come vittoria sull'amore è dato dalla caduta umana, risultante qui, come ascesa. 
Attraverso la Sua impotenza, il suo bisogno di salvezza Psiche sprona Eros a mettersi in gioco.
Lei non può essere perfetta, lo sarà solo nella redenzione che otterrà dall’amore, ha bisogno di aiuti e li troverà negli elementi, le formiche (terra), la canna (acqua), l’aquila di Zeus (aria) e il fuoco del suo Eros, alla fine l’ultimo aiuto che le salverà la vita è dato dal suo amato, dall’elemento fuoco, e davanti agli Dei sarà proclamata degna sposa di Lui.
Dove Venere qui impersona la Madre crudele del mito arcaico e non la Dea classica della Grecia, Psiche è colei che ritorna dagli inferi verso la luce delle stelle.
Ognuna di noi è Psiche, il suo è un percorso vicino a chiunque crede necessaria una conoscenza della propria interiorità.
Ultimamente ho ripreso in mano le favole e non mi stanco mai di vedere come ogni volta hanno qualcosa da mostrarti, da sottolineare, arrivano al momento giusto a rivelarti un segreto utile per farti superare quella prova che ora vedi insuperabile.

Il percorso per trovare il proprio Sé dovrebbe essere supportato dalla curiosità e non dall’esasperazione di un’anima che non ne può più di deviare dal suo unico scopo: ricongiungersi all' Amore.


"Sed prius, inquit, centies moriar quam tuo isto dulcissimo conubio caream. Amo enim, et efflictim te, quicumque es, diligo aeque ut meum spiritum"
Che io muoia cento volte, piuttosto che perdere te, mio dolcissimo sposo! Perché io ti amo, disperatamente, chiunque tu sia, ti amo più del mio spirito. (Dichiarazione di Psiche ad Eros).

P.


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